The fog: il vino oggi.
decomposti e decomposte buon giorno, è da un po che mi ronza nella mia decomposta testa questo tarlo; un mostro che si nutre di quanto quotidianamente leggo in rete e sui social.
Mai come in questo periodo si dibatte sullo stato di salute del mondo vino e del mondo del vino naturale, e assolutamente come al cospetto dei primi concili vaticani , si sta assistendo alla nascita di innumerevoli eresie atte a dare un interpretazione al mondo del vino.
Personalmente io credo che questo sia un enorme pugnetta e perdita di tempo; semplicemente perché potrebbe darsi, e sottolineo “potrebbe darsi” che un po tutti noi persi fra mille social abbiamo perso un filino di vista la realtà.
The fog: il vino oggi.
Andiamo per ordine.
Di cosa su sta dibattendo? di vino naturale. il nodo del quesito è se abbia ancora senso parlare di vino naturale o piuttosto se si dovesse parlare di vignaiolo naturale. Pippone assurdo che seriamente ho trovato solo all’interno di qualche questione teologica medioevale .
Visto che questo è il mio blog: vi dirò la mia.
Se prendiamo qualche bottiglia datata 1990 1999, quindi ultima decade del 90 ultima decade del primo millennio, ci rendiamo conto che venti anni fa eravamo abituati a bere vini molto diversi da oggi. Questo con i suoi pro e i suoi contro. Conferma di ciò è che una buona fetta (su dati statistici quindi escludiamo le eccezioni) dei vini è cambiata: i vignaioli non hanno seguito l’immobilismo-
Questo perché, di anno in anno , quelli che erano precursori dell’enologia naturale e sopratutto dell’agricoltura naturale, da vecchi druidi pazzi sono diventati fonti autorevoli che hanno fatto prima proseliti e poi una vera propria scuola.
un esempio su tutti ?
Natalino Del Prete e Elena Pantaleoni , una realtà pugliese e l’altra piacentina. Cosa hanno queste due aziende in comune? essersi allontanati da quelli che erano i dettami agronomici degli anni 90 che volevano una vigna dove l’uomo era padrone e dove la chimica e i trattamenti sistemici con fitofarmaci erano la normalità.
banalmente queste due persone (e altri con loro) hanno cominciato a dire “NO”; in queste due realtà (e in tante altre ) ci si è fatti una domanda scomoda e non futile.
Ma qual ‘è l’identità del territorio? come possiamo essere unici? come possiamo tramandare il territorio senza distruggerlo e permettere ai nostri nipoti di goderne?
The fog: il vino oggi.
Nuovamente i dati statistici degli ultimi 30 anni hanno dimostrato come il consumo di vino sia in calo (non entro in merito alla questione, è un articolo a parte) le aziende fanno più fatica a vendere il vino ed è normale che cerchino ogni mezzo di marketing per non ritrovarsi le cantine drammaticamente piene.
Oggi la migliore arma che hanno è la territorialità il loro essere unici: il vino come mezzo di cultura territoriale.
Per essere unico devi semplicemente essere più bravo che negli anno 90: stiamo tornando al nodo della questione, perché non puoi portare il vino dallo stilista.
Il vino naturale: come prodotto, come uomo che lo crea, come vigna che lavora in un dato modo e come mezzo di comunicazione : ESISTE!
Magari non è normato perfettamente ma esiste. Esistendo, a colpi di bottiglie stappate, ha dimostrato che :
la vigna non è ne un tempio ne una discarica ne una fabbrica. la vigna è lo specchio del territorio; è il luogo dove si attua la magia e di conseguenza meno l’uomo interviene con sostanze che alterano il biotipo e meglio è.
Una prova di questo me l’ha dato un vignaiolo che mi diceva testuali parole, io posso evitare di usare lieviti selezionati perché in vigna non do sostanze anti fungine : il lievito è un fungo, se l’uva ha l’antifungo da sola non fermenta!
The fog: il vino oggi.
Ecco che si delinea un punto di vista! l’importanza di parlare del territorio e in fin dei conti è lui l’unico protagonista.
Umilmente, non sono un enologo e non dirò nulla del lavoro in cantina: a volte il silenzio è un atto di rispetto, ma vorrei concludere con questo pensiero:
Io bevo vino da vent’anni, da vent’anni lo bevo con un occhio critico. Innegabilmente il mio gusto è cambiato: ho scoperto mille cose nuove e confermato qualche caposaldo. Del vino naturale e del movimento degli uomini che c’è dietro ho imparato ad amare il dinamismo, la infinita ricerca di possibilità che danno origine a vini vivi.
La parola vino vivo per me è veramente fondamentale, perché se all’inizio amavo i vini molto vecchi e spesso nella loro decadenza trovavo l’unicità, oggi in un vino cerco invece la vita: difatti uno zombi sbrana creature vive.
Da gerontofilo a innamorato dei luoghi e dei popoli che abitano quei luoghi,
Trovo che l’aver ridotto i solfiti aggiunti, aver ricominciato a proporre vini non chiarificati, non filtrati e fermentati naturalmente sia portatrice dell’effetto strange things: oggi siamo in gradi di leggere i territori anche dal puntosi vista dell’altromondo ovvero non più solo vini tecnici o ben confezionati ma anche e soprattutto vini buoni e rappresentativi di un mondo che non deve morire.
Da una parte vini che raccontano poco a
- gente che vuole conoscere poco
- gente che beve per bere
- gente che legge poco
- gente per la quale un vino è giallopaglierino e basta
- gente che dice “portarmi un bicchiere di chardonay” e trangugia tutto.
dall’altra i vini vivi
- per persone che pensano e che magari litigano
- vini per persone che leggono e magari opinano
- vini per gente che viaggia, o cerca di farlo
- vini per gente che sogna… nonostante tutto
- vini per gente che si incazza anche se ci vorrebbero tutti sotto psicofarmaci
Infine questo atteggiamento ha portato alla creazione di un mercato etico o quantomeno che dimostra come un altro vino è possibile.
Per questo motivo i grandi vini degli anni 90 oggi spesso sono dinosauri, siamo cambiati noi e le spalline nelle giacche non ci piacciono più e contemporaneamente i vignaioli stesso oggi propongono cose nuove!
Lunga vita al territorio !
non so se il vino naturale morto , se sia vivo il vignaiolo co tre palle: cresolo che siamo formiche su l’unica cosa che conta: il nostro fottuto pianeta.
Per il resto sono solo chiacchiere da bar: non il prodotto o il produttore umano ad essere importante, ma il rapporto simbiotico fra uomo e pianeta. Il vignaiolo, naturale o no , è un uomo e come tale fare ciò che è meglio per lui: il vino naturale insegna a ragionare in un lungo periodo… cosa che spesso non facciamo
Grazie zombi, anche se con qualche leggerezza di punteggiatura o grammaticale che però mi ha ricordato cose tipo Il Lonfo, hai saputo centrare bene alcune tendenze di oggi.
Nella mia enoteca entrano ed escono tantissime persone che sembrano rispondere ai due atteggiamenti di cui hai fatto anche l’elenco. Resta che siamo cambiati e che ci evolviamo continuamente, “non ci piacciono più le spalline nelle giacche”. Quel che conta è, come dici tu, il lavoro e il territorio in grado di raccontare.
Caro Enzo . Grazie del contributo. Purtroppo oggi il Digital consumo ha portato a bere senza gustare. Stappare senza capire e quindi anche il naturale sta venendo incastrato. Curiosità dove ê l’enoteca ?