
Se l’invecchiamento di un Malt è l’aspetto più struggente e significativo dell’opera di distillazione, l’invecchiamento è forse quello più umano; riempire una bottiglia può sintetizzare lo stile di una distilleria o rovinare completamente il lavoro di decenni.
Per capire cosa accade dobbiamo prima capire cosa si mette in una bottiglia, difatti una etichetta ci dice molto del lavoro svolto, ma non tutto; e quel : ”non tutto” è il segreto del bottling.
Per prima cosa cerchiamo di capire che tipo di bottiglia possiamo acquistare: semplicisticamente le bottiglie sono di due tipi
1) imbottigliamenti fatti dalle distillerie
2) imbottigliamenti indipendenti.
Andiamo a capire che vuol dire.

L’imbottigliamento di una distilleria è una bottiglia che proviene dalla distilleria stessa, so benissimo che letto così sembra ovvio, eppure questa prima classificazione nasce nel 1965 quando la Glenfinddich vendette la prima bottiglia in Inghilterra.
Prima di questa data, praticamente la totalità delle bottiglie, erano imbottigliate da indipendenti ovvero da mercanti o terze persone che, dopo aver acquistato le botti dalle distillerie, imbottigliavano e imbottigliano (mescolandole o non ) a proprio nome il contenuto delle suddette botti.
Per tutto l’ottocento e per la prima metà del novecento solo nei paesini in cui le distillerie erano ubicate si conosceva il gusto dei malti in purezza, ma erano considerati troppo rozzi, pesanti e grevi per il mercato mondiale.
Per soddisfare la richiesta del mercato, mercanti e spedizionieri invece creavano ricette in cui mescolavano i malti delle varie distillerie e spesso li allungavano col più economico Grain Whisky (distillato generico di vari cereali) e così spedivano in giro per il mondo quello che per noi oggi è un Blended Whisky.

Mi rendo conto che è complicato, e per renderlo comprensibile devo farvi qualche esempio.
Nel 1846 un commesso di una drogheria che vendeva anche liquori raccimolò tutti i suoi averi e aprì una sua società: quest’uomo si chiamava John Deward; all’epoca i Whisky si vendevano prevalentemente in botti e barili ai locali che li servivano, ma quest’uomo ebbe un idea: perchè utilizzare degli intermediari che per miscelare e allungare il prodotto utilizzavano di tutto? Rovinando così i malti che lui selezionava? Se si fosse creata una bevanda costante nel gusto i clienti si sarebbero potuti affezionare a tale gusto e quindi lui avrebbe potuto vendere più Whisky.
Come fare?
La prima cosa era riuscire a creare un gusto costante: per farlo vennero selezionate alcune distillerie, una volta acquistati e mescolati tra di loro i malti serviva un modo per rendere costante il sapore e contemporaneamente un metodo per poter avere la maggior quantità di Liquido possibile. Per fare ciò si inserì nella ricetta una percentuale di Grain che allungava la miscela, era un prodotto di buona qualità non velenoso o dannoso, poco costoso e che non abbassava il tenore alcolico. Infine la creazione di Deward riposava quanto serviva ad amalgamare tutti i gusti e i profumi in botti enormi, così facendo il sapore si stabilizzava e il Blend era pronto alla vendita.
Era nato il Deward’s blended Whisky; ora bisognava capire come venderlo.

Venderlo in Botti era fuori discussione, dato che le botti influenzavano (ed influenzano ) il gusto del prodotto, serviva un materiale inerte: la prima prova si fece con delle brocche di terracotta (Detti pigs) e successivamente, data la comodità di trasporto e la relativa minore fragilità, le brocche divennero bottiglie e con questa storia nasce il Whisky in bottiglia come la conosciamo oggi.
inutile dire che come tutte le favole c’è un lieto fine, difatti quando nel 1880 John mori i figli continuarono il lavoro del padre facendo prosperare l’azienda.
Qual’è la morale? Dato che c’è sempre una morale!
La morale è che all’inizio le distillerie erano mere fabbriche che creavano un prodotto (anche molto valido) che veniva mescolato nel creare dei prodotti dal gusto standard, facilmente commercializzabili, che arricchivano prevalentemente i mercanti che lo commercializzavano.
Questi mercanti indipendenti sono appunto gli imbottigliatori indipendenti, ce ne sono molti, e non solo in Scozia, per dirne uno, in Italia abbiamo uno dei più grandi selezionatori al mondo: Silvano Samaroli.
Torniamo all’inizio del discorso, ovvero le bottiglie

Quando negli anni sessanta il mercato del Whisky entrò in crisi le distillerie si chiesero come risolvere il problema e la loro risposta fu la stessa di Mr Deward : andare direttamente ai consumatori con i loro prodotti, e anche questa volta serviva un modo per creare costanza produttiva; la soluzione a questo annoso problema di fatto creò l’industria dei single malts.
Ed ora più consapevoli ed edotti torniamo a noi.
Capire cosa finisce in una bottiglia è vitale, eppure non è così scontato, le etichette possono aiutarci ma dobbiamo saperle leggere.
Una distilleria può decidere di commercializzare un proprio prodotto e il suo trucco, anche nel caso di commercializzazioni con poche bottiglie disponibili, sarà la costanza del sapore e della tipologia: ciò è fondamentale.
Come avviene ciò?
Prendiamo in esempio una bottiglia facilmente rintracciabile ed acquistabile da chiunque: il famosissimo Glen Grant 10 years old gusto chiaro sapore pulito, per citare la pubblicità degli anni 80 e 90.
Cosa contiene questa bottiglia?
Semplicisticamente Whisky prodotto dalla Glen Grant, eppure l’indicazione d’invecchiamento racchiude un segreto.
Per rendere costante il prodotto commercializzato, infatti le bottiglie, contengono una miscela di distillati il cui più giovane è invecchiato almeno dieci anni.
Nulla vieta, per rendere costante il gusto, in un anno particolarmente infelice di dover usare una botte vecchia trent’anni, ma la distilleria non può dirlo!
Così facendo , in questa prima gamma di prodotti, il lavoro di cesello sta proprio nel riuscire a costruire una miscela facilmente riproducibile; ed è questa la prima arte di una distilleria: studio e costanza: il Glen Grant 10 anni deve essere sempre uguale, e solo attraverso l’uso di “Malti” prodotti dalla Glen Grant.
Le distillerie tuttavia hanno anche un’altra carta da poter giocare: Il Single Barrel.
Mettiamo caso che nelle cantine della Glen Grant spunti una botte unica, ad esempio, una botte vecchia di 50 anni; che si fa? Le bottiglie proponibili sul mercato saranno naturalmente poche, magari meno di cento.
In questo caso, la distilleria, può imbottigliare un distillato proveniente da una sola botte, chiamato appunto single barrel, è una matrice unica, non riproducibile, esempio della sintesi in purezza dello stile di quella distilleria o di una sperimentazione unica e irripetibile.
Il Single barrel è un mondo estremamente reattivo e relativamente nuovo, così ricercato da essere diventato uno dei nodi focali della produzione Scozzese: questo mondo, oggi, è probabilmente il futuro del Whisky.
IL single barrel è spesso anche l’area di competenza degli imbottigliatori indipendenti i quali scelgono di volta in volta le botti che reputano migliori (o che saranno migliori fra 10 15 20 30 anni) e le imbottigliano per rivenderle quando ritengono perfetta la maturazione.
Naturalmente ogni imbottigliatore cercherà di imbottigliare e rivendere Malti che rappresentano il suo personale mondo di interpretare lo stile di questa o quella distilleria oppure di proporre delel variazioni su tema uniche nel suo genere; queste variazioni possono essere sia relative alla gradazione alcolica, sia all’ invecchiamento e sia alla (o alle) botte utilizzata per la maturazione o la finitura
Che caratteristiche ha un single barrel?
Tendenzialmente essendo ogni botte unica, il single barrel è appunto un whisky unico e non più ripetibile; per le distillerie questo rappresenta un vanto collezionistico e per gli imbottigliatori una firma stilistica: in ambedue i casi sono prodotti emotivamente molto coinvolgenti, spesso rappresentano momenti di eccellenza; tuttavia se una botte ha agito male un single barrel non sarà correggibile quindi rappresenta sempre un rischio: un fantastico rischio.
Molto spesso i single barrel vengono imbottigliati senza rettificare il grado alcolico; una normale bottiglia si vende a 40% o al massimo 43% e per ottenere questo grado alcolico si aggiunge un tot d’acqua in fase di imbottigliamento; ma nelle botti i Whisky quasi mai sono a 40% e l’imbottigliamento da singola botte permette al selezionatore di decidere se portare il whisky al grado alcolico standard (ottenendo così qualche bottiglia in più) oppure se imbottigliarlo in purezza, ottenendo così una bottiglia che rappresenta l’esatta narrazione della botte.
Enunciate queste informazioni ora siamo abbastanza preparati da cercare i nostri amati Scotch e costruire la nostra cantina, e tuttavia prima di poter procedere abbiamo bisogno di comprendere un fatto: cosa vogliamo ottenere?

Questa domanda è fondamentale, perché la risposta cambierà drammaticamente il nostro studio d’acquisto; vogliamo una cantina di rarità che compreremo per rivendere o per rimirare? Vogliamo una cantina di bottiglie da bere? Una cantina filologica alla storia di una o più distillerie o stili? Un accumulo di cose che ci piacciono senza fare troppi sofismi? Una collezione che racchiuda uno studio ampelleografico di tutti gli stili scozzesi o mondiali?
Sono tutte motivazioni valide e nessuna migliore delle altre, qualsiasi sia la nostra risposta per soddisfarla ci servirà comprendere stili e distillerie, firme e approcci: per farla breve ora comincia la parte difficile in cui io cercherò di darvi dei dati e delle informazioni, ma alla fine la scelta sarà solo vostra.