Il rubino di Ptuj: Blaufrankisch Kobal 2017

Il rubino di Ptuj: Blaufrankisch Kobal 2017

Ci sono vacanze che sono viaggi all’interno di noi stessi, dove qualsiasi cosa che va male si trasforma in un successo e, qualsiasi evento si pone sulla nostra strada, verrà ricordato fintanto che viviamo.

Quando nel 2018 sono stato in Solvenia, ho vissuto una serie di rocambolesche avventure – compreso la fuga da una casa degli orrori chiamata albergo a Lubiana (per altro cittadina deliziosa)-, che mi hanno portato a Ptuj, luogo che mai avrei pensato di visitare.

Ptuj è una cittadina deliziosa sulle rive del fiume Drava, ricca di stradine e viuzze, sormontata da un bianco castello e dalla cantina più antica di tutta la Slovenia: così su due piedi, direste un luogo incantevole!

Lo è sino al sabato a mezzogiorno, poi chiude quasi tutto e naturalmente noi (essendo scappati da Lubiana dove dovevamo passare il weekend) ci siamo arrivati appunto di domenica.

Anche se di domenica la cantina storica era chiusa, fortunatamente il castello era aperto. Mentre salivamo lungo la collina che ci avrebbe portato ad esso, ci siamo imbattuti in una piccola enoteca, spaccio aziendale della cantina Kobal.

Il rubino di Ptuj: Blaufrankisch Kobal 2017

La Slovenia, almeno quella che noi in Italia più facilmente conosciamo, è quella delle aziende vinicole della zona del Carso, un mondo geograficamente a noi vicino, sul confine italiano sloveno. Vuoi per le grotte di Postumia (che non importa quale sia la vostra età dovete assolutamente visitare), vuoi per le bellezze turistiche, aziende come Cotar o Furlan sono nomi che ben si conoscono e che beviamo spesso.

Tuttavia, la Slovenia è tanto altro!

La cartina in questione sono dell’atlante dei vini , testo che vi consiglio fortemente di consultare o di possedere.

Azienda Kobal è una piccola realtà nella regione della Stiria. Producono tre linee diverse di vini con tre diverse etichette:

Il rubino di Ptuj: Blaufrankisch Kobal 2017

La bottiglia di cui vi parlerò l’ho comprata nel 2018 e ha riposato nella mia cantina sino ad oggi. Il vitigno blaufrankisch è un vitigno. Bacca rossa molto popolare in Austria. L’origine è incerta ed è contesa fra Ungheria e Austria, da vini piuttosto duttili che possono essere tanto freschi e leggeri quanto corposi e tannici.

Kobal nel 2017 ha prodotto 4950 bottiglie (la mia era la 2504) con fermentazione spontanea e macerazione delle uve sulle bucce per un mese senza controllo della temperatura e senza alcun filtraggio.

Grado alcolico 14%

Visivamente il vino è molto bello; di un bel rosso rubino con un’unghia che vira leggermente nel porpora; fluido e limpido senza velature o intorpidimento: ve lo faccio vedere.

Non so voi ma io nutro una vera passione per questi vini così vivi. Ora, andiamo a vedere com’è il naso.

Il naso è particolare, non quello che mi aspettavo: l’acidità c’è, il frutto pure ma allora cos’è questa strana nota che percepisco? Ho bisogno di fargli prendere un pò di aria, aspettiamo. Vediamo e, mentre annuso e aspetto, mi ricordo.

Quando sono salito sulle montagne, in pantaloncini e pioveva; quando sono finito a visitare una meravigliosa abbazia abbandonata e ho incontrato lei…

Guardate che bella, una salamandra: non l’avevo mai vista in natura, così come non avevo mai visto una terra che mi ha teso la mano per un intero viaggio, nonostante pioggia, orari, domenica e fughe.

Questo vino è identico, ha qualche nota che può all’invio farci restare sulle nostre ma dobbiamo fidarci di lui e immergerci, tralasciando l’analisi da libro di testo. Prendiamo un sorso: sentiamone il sapore visto che cambia continuamente finendo per restituirci perfino delle note di cioccolato.

Il rubino di Ptuj: Blaufrankisch Kobal 2017

Nel sorso c’è l’unica verità di un vino, se è buono o no; se si beve con piacere è no e in bocca è veramente buono.

Preso nel momento perfetto in cui tutto il suo essere è in equilibrio, dotato di una bella e vibrante acidità e di un tannino pregno e levigato in bocca, è lungo e complesso; ci scalda e ci abbraccia nonostante il suo essere un vino magro e con poca carne sulle ossa.

Una bellissima esperienza di beva per una cantina che sta lavorando in maniera assolutamente personale, con uno stile diverso sia dal Carso sia da Marburgo e già solo per questo meritevole di attenzione.

Attenzione che ad oggi non c’è, visto che in Italia nessuno lo distribuisce e l’unico modo per poter prendere qualche bottiglia è scrivere direttamente a loro, anche se purtroppo questa bottiglia è un ghost wine…è già finito in cantina. Probabilmente è anche giusto così, non è un caso quindi che una delle scritte sull’etichetta recita Garage Artisan Creation, che poi è quello che questa linea di vini è: piccole molecole in giro per il mondo che quando esplodono colorano l’universo di colori tutti loro.

Con queste immagini vi lascio: vi auguro di poter viaggiare di nuovo, vivere assieme e guardarci tutti dinanzi a un bicchiere di vino. Mi si permetta però un brindisi e un ricordo visto che dietro le nostre bottiglie c’è un universo di oscurità, io brindo ai raggi di luce che trapassano il bicchiere e esplodono come un caleidoscopio intorno a noi.

Fintanto che il mondo sarà a colori ci sarà sempre l’opportunità e la possibilità di guardare il mondo con un sapore e un approccio diverso che poi è quello che ha sempre fatto Harry Manx e per salutarvi vi dedico un suo pezzo.

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